Ali di farfalla per la casa della pace di Cucinella per i rifugiati di Scanzano Jonico

Pubblicato
11 Jul 2019

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Di Mariagrazia Barletta

«Ognuno, anche chi arriva da lontano, ha diritto di vivere in un ambiente sereno dove realizzare i propri sogni».

Betty Williams

Il progetto d’architettura donato dall’architetto bolognese alla fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata e realizzato da imprenditori italiani in Basilicata, ha rilevanza sempre più attuale data la situazione politica italiana. Se la profondità morale di un premio Nobel della pace incontra l’attivismo convinto di una star di Hollywood, intrecciandosi alla generosità italiana, alla progettazione architettonica più sensibile e al sostegno delle amministrazioni, l’effetto non può che essere dirompente. È ciò che succede a Scanzano Jonico (Matera), dove i rifugiati abiteranno nelle case firmate da Mario Cucinella.

Il primo prototipo di casa ecosostenibile completamente riciclabile, a basso costo e di alta qualità abitativa, ha l’obiettivo di accogliere famiglie di rifugiati con i loro bambini e favorirne l’integrazione, restituendogli il diritto di guardare con speranza al futuro. Un’iniziativa ad alto contenuto sociale, oltre che un modello da poter replicare per dare una risposta dignitosa al problema ormai strutturale dell’accoglienza dei rifugiati. Il progetto d’architettura, è stato donato da Mario Cucinella che ci spiega, che fa riferimento alla tradizione costruttiva del Sud e, seppur senza alcun approccio nostalgico, entra in sintonia con le radici della cultura contadina, che da sempre ha utilizzato le risorse disponibili, anche le più semplici, secondo un’idea di riuso e di ottimizzazione del materiale e che nessuno spazio ha mai lasciato al concetto di spreco. «Un luogo per coltivare la pace», lo definisce Cucinella.

È un progetto che rientra nelle iniziative della Città della Pace per i Bambini Basilicata, una fondazione che, nella regione del Sud, si batte per l’accoglienza, la tutela e l’integrazione delle persone che subiscono persecuzioni o discriminazioni e per l’integrazione dei rifugiati, creando per loro anche opportunità di lavoro. Anima del progetto e presidente della fondazione è Betty Williams, attivista irlandese che nel 1976 si è guadagnata il Nobel per la pace per essersi battuta a favore di una soluzione non violenta alle lotte tra cattolici e protestanti nell’Irlanda nel Nord. Il primo nucleo di residenze è solo un primo passo di un’iniziativa per l’accoglienza dei rifugiati e che ha incontrato anche il sostegno dell’attrice e attivista per i diritti umani, Sharon Stone.

Integrazione e accoglienza per un modello che va oltre l’architettura.

Il primo nucleo si compone di tre moduli abitativi organizzati attorno ad un patio, sormontati da una copertura per l’ombreggiamento in canne di bambù locale, la cui forma si ispira alle ali di farfalla. L’edificio ha, inoltre, una struttura portante in legno rivestita di pannelli di paglia, mentre la terra cruda è impiegata come intonaco. Dunque il progetto riprende, senza alcuna vena nostalgica ma rivisitandole in chiave moderna, le tradizioni costruttive locali come la lavorazione della canapa e della ginestra, legata, ci dice Cucinella, anche al mondo tessile. «Si usava la ginestra per realizzare le casacche dei contadini, c’era proprio una tradizione, e poi gli scarti si impiegavano per produrre degli isolanti o dei pannelli oppure si mischiavano con la terra cruda per creare pannellature di riempimento», racconta ancora l’architetto. Nonostante il legame con la tradizione, «nessuna idea di nostalgia, che è una parola che ha una matrice di tristezza», pervade il progetto, ci tiene a precisare l’architetto. Si tratta di recuperare antichi saperi in una visione ecologica e moderna del progetto. «È bello – ci dice Cucinella – impiegare le materie tradizionali, ma ciò che cambia è la percezione di quelle materie e la modalità, contemporanea, del loro uso. Si può usare la terra cruda e fare un edificio molto contemporaneo: non è tanto la materia, ma è il modo con cui la usi a trasformare una materia antica in una moderna». Non si tratta di realizzare case povere per i poveri, ma «i rifugiati hanno i nostri stessi diritti e le nostre stesse esigenze», sottolinea Cucinella. Così il progetto punta sulla sostenibilità, sulla qualità e il comfort abitativo, sfruttando al massimo le risorse naturali, quali: sole, aria e vento. […]

Un progetto, dunque, che va oltre l’architettura per legarsi ad aspirazioni elevate e alla possibilità di creare opportunità per chi fugge da persecuzioni e guerre. Infine, c’è da adattarsi a diverse culture e stili di vita, perché le famiglie che abiteranno a Scanzano potranno avere diversa provenienza. Le nuove abitazioni, dunque, non possono che puntare sulla flessibilità. «Con il nostro progetto realizziamo quella parte hardware che è fondamentale per costruire e lasciamo invece una grande flessibilità all’interno di questo spazio in modo che poi, di volta in volta, in maniera molto leggera, si possa costruire uno spazio più adeguato alle diverse esigenze», afferma Mario Cucinella.

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