Cucinella: «Guardiamo al passato per costruire un futuro ecologico»

Pubblicato
12 Mar 2021

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L’architetto, ospite del primo appuntamento della nuova stagione delle Colazioni Digitali di Corriere Innovazione e Sorgenia, espone la sua idea di evoluzione di architettura e il ritorno a una progettazione a contatto con la natura

di Giulia Cimpanelli

Durante il suo viaggio, Marco Polo, nel ritorno verso Costantinopoli, arriva nello stretto di Hormuz e comincia a risalire la Persia. Si ferma in una zona desertica dove la popolazione locale gli offre una granita fatta con frutta secca e amido. È il 1270 e Marco Polo gusta del ghiaccio nel deserto.

“I persiani ci hanno messo 200 anni a capirlo: avevano un edificio che proteggeva un angolo dalla luce solare per 24 ore al giorno. In una zona ribassata, facendo correre dell’acqua sotto terra, grazie all’effetto della calotta celeste riusciva a formarsi il ghiaccio”. A raccontare questa incredibile storia di innovazione è l’architetto Mario Cucinella, ospite della prima puntata della quarta stagione delle Colazioni digitali di Corriere Innovazione e Sorgenia.

“Anche a quel tempo – spiega – l’uomo cercava la complicità della natura per un bisogno. Si tratta di innovazione empirica, ricerca di una soluzione attraverso un dialogo con l’ambiente”.

L’architetto che ha tra gli ultimi progetti visionari ha Tecla, la casa sperimentale in terra stampata in 3D, parla di un futuro in cui dovremo a guardare più all’ecologia che alla tecnologia: “Per molto tempo abbiamo guardato il futuro con fiducia totale in tecnologia e innovazione. Ma in passato come abbiamo eretto città ed edifici? Avevamo costruito una complicità così forte con il clima che ci ha permesso di realizzare città meravigliose e complesse. Ora, con la tecnologia, il linguaggio dell’architettura è appiattito. Dobbiamo tornare a guardare nelle pieghe del passato e usare la tecnologia come un aiuto”.

Non una transazione tecnologica, ma ecologica: “La tecnologia ci aiuterà ma noi dobbiamo cambiare nostro modo di vivere”. E l’Italia potrebbe diventare un modello per il vivere “sostenibile” del futuro: “La pandemia ha creato un dibattito tra grandi città e natura. Il modello italiano di città piccola ma diffusa sul territorio è interessante: piccole città connesse tra di loro e in mezzo la natura”, commenta.

E in un momento in cui per la prima volta sulla superficie della terra il peso delle costruzioni realizzate dall’uomo ha raggiunto quello della biomassa (tutto quello che cioè è stato “fatto” dalla natura) anche l’architettura deve cercare delle soluzioni. Il suo ultimo progetto, Tecla, parla di case sostenibili al 100 per cento, biodegradabili stampate in 3D: “Se nei prossimi decenni dobbiamo dare una casa a 2,5 miliardi di persone, servirebbero 230miliardi di metri quadrati, la stessa misura costruita dall’uomo fino ad ora – dice – non avremo materia prima sufficiente per farlo. Si tratta di una strada che non ha un ritorno, è fondamentale la moderazione nell’uso delle risorse. La terra è quella più disponibile ovunque. Se serve un additivo, ci viene incontro la tecnologia, ma la materia da utilizzare è quella maggiormente reperibile in natura”.

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