Dall’architettura all’oggetto

Pubblicato
19 Jun 2019

Lettura
3 min


L’incursione di Mario Cucinella nel design genera una collezione di tableware ispirata ai suoi building. Pezzi originali come le mani degli artigiani che li hanno forgiati.

Di Paola Carimati

“Architetto ambientalista, tecnologo convinto, sognatore e visionario. Ho uno studio dentro il deposito dei tram e ho fondato un’associazione no profit”, così recita l’account Twitter di @MarioCucinella, il progettista italiano che ha fatto della sostenibilità il suo manifesto.

Del 2012 è infatti il Building Green Futures, l’organizzazione da lui fondata per promuovere la ricerca e lo sviluppo dell’architettura eco. Da vent’anni racconta le sue idee, la sua sensibilità e oggi, con lo studio di Bologna e New York, segue cantieri aperti in tutto il mondo, dall’Algeria agli States, e in Italia è in attesa di inaugurare il Museo Etrusco, il nuovo padiglione per l’ospedale San Raffaele di Milano e la Torre Unipol, sempre nel capoluogo lombardo. Dal futuro al presente. La Green School nel Middle East, così come la Kwame Nkrumah Presidential Library in Ghana o la House of Music a Pieve di Cento a Bologna sono alcuni degli edifici scelti come ispirazione della Building Objects […] non una semplice collezione di tableware, ma un progetto educativo che gioca con le dimensioni.

Incontrato in occasione dell’appena conclusa Milano Design Week, Mario Cucinella ci ha spiegato perché ha disegnato contenitori, vasi e centrotavola. “Mi capita sempre più spesso di sentir parlare di edifici come fossero oggetti. Così ho pensato che potesse essere un buon esercizio provare a trasformare i miei in complementi d’arredo”, e vedere l’effetto che fa. Cosa si è disposti a perdere nel cambio di scala che trasforma per esempio la sede regionale dell’Arpae in tappeto? “Fare architettura vuol dire costruire contesti di relazione: spazi che le persone vivono e non contemplano. Ecco perchè bisogna essere molto consapevoli quando si esercita la professione”, afferma. “Ma anche farsi carico del benessere altrui. Per me l’architettura è sofferenza, un sentimento che viene meno quando la si astrae dal suo contesto”. Così fare oggetti diventa più rilassante perché perde pathos. Un’affermazione che si spoglia di vis polemica nel momento in cui Cucinella racconta come ogni singolo pezzo è stato realizzato. “Intanto abbiamo scelto le architetture in maniera del tutto discrezionale. Edifici tra loro profondamente diversi, perché diversi sono i luoghi e i climi nei quali si inseriscono e con i quali dialogano. Niente eclettismo, ma una pura questione di linguaggio”. Volumi e proporzioni poi dipendono dallo slittamento dal macro al micro e dalla necessità di costruire un paesaggio domestico omogeneo dove far convivere anche piatti e posate. “Pilastri, texture, elementi strutturali hanno il valore dei tratti somatici di un volto: determinanti per lo sviluppo di forma e funzione”, specifica. Ma è nella scelta di materiale (dal vetro al metallo), tecnica artigianale (dalla soffiatura al taglio laser) e tecnologia (stampa 3D) che il design si riscatta e recupera l’insegnamento del Bauhaus.

Coinvolgere le persone che fanno un lavoro antico è un modo sostenibile per raccontare tradizioni e salvare il territorio. Ma non chiamatemi designer”.

Articolo pubblicato sul numero di Giugno di

Notizie correlate

Tutte le nostre novità

Copyright 2024 MCA.