Il grattacielo orizzontale di Cucinella nella «città verticale»

Pubblicato
30 Mar 2013

Lettura
3 min


Di Valerio Paolo Mosco

Nella città che più di ogni altra in Italia si sta verticalizzando con grattacieli super griffati, l’architetto bolognese va in controtendenza proponendo nella periferia milanese i suoi uffici pensili.

L’edificio Santander a Milano (quartiere Famagosta, non lontano dai Navigli) è tra i più convincenti di Mario Cucinella. Lo è in quanto instaura con il contesto un rapporto assertivo, moderno e contestuale al tempo stesso. Lo è in quanto dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che si può fare architettura della città senza mimare la città stessa.

Il lotto è già di per sé interessante, d’angolo, con il fronte lungo sul canale e l’altro che si affaccia su un piccolo parco pubblico, una risorsa per una città in cui il verde è raro e molto spesso inaccessibile. La scelta allora è quella di sospendere di ben 13 metri da terra i tre livelli di uffici (14.000 mq) su un ordine gigante costituito da dei grandi pilastri che inglobano al loro interno i corpi scala e gli ascensori. L’edificio “aereo” si compone di due stecche convergenti nell’apice del lotto che cingono uno spazio aperto che è limitativo considerare come una corte.

L’evidente sospensione dei corpi di fabbrica permette infatti al verde di viaggiare al di sotto dell’edificio in modo tale da determinare una convincente continuità tra la passeggiata lungo il canale tra i filari di aceri ed il parco sul fronte opposto. La corte quindi diventa un giardino di passaggio tra due diversi tipi di spazio pubblico. Le pavimentazioni di questo spazio che alterna zone a prato con piantumazioni di carpini, prato armato e cemento disattivato, consolida quest’idea con sobrietà. Sempre nello spazio interno nel vertice di confluenza dei corpi di fabbrica è posizionata una scala esterna la cui monumentalità risulta stemperata a mestiere da un convincente utilizzo della carpenteria metallica; il risultato è un oggetto che ricorda il migliore Fuksas, quello dell’edificio della Ferrari per intenderci.

L’edificio sospeso si presenta come un double face: il fronte esterno verso la città è tamponato in vetro, mentre quello verso la corte interna è opaco, tinteggiato di quel color malva lievemente materico che si incontra spesso nelle opere italiane. Più specificatamente le pareti esterne sono in vetro camera, trasparenti a nord, mentre a sud-ovest e ovest le stesse sono schermate da teli semi-rigidi in tessuto di acciaio inox a passo variabile. La struttura dell’edificio è mista; i blocchi che contengono i corpi scala, anche se rivestiti in pannelli tinteggiati, sono in cemento armato gettato in opera mentre il resto dell’edificio è in carpenteria metallica con una struttura che va in elevazione con appoggi reticolari che incontrano dei solai sostenuti da una sequenza di travi alveolate.

La struttura all’interno degli uffici è tamponata a soffitto da controsoffitti al di sopra dei quali viaggiano gli impianti le cui condutture trapassano le travi, a terra invece il pavimento è galleggiante così da far passare l’impianto elettrico. L’interno, come ormai succede sempre più spesso per gli uffici, è distribuito in maniera tale da garantire il massimo grado di flessibilità, unico elemento di aggettivazione figurativa è la sequenza degli appoggi reticolari che si percepiscono dall’esterno e che ricordano uno dei progetti che se fosse stato realizzato avrebbe influenzato notevolmente il corso dell’architettura italiana, quello per l’Accademia di Brera di Terragni, Lingeri e Figini e Pollini.

Come spesso accade nei progetti di Cucinella l’attenzione è rivolta particolarmente agli aspetti della sostenibilità ambientale ed al risparmio energetico, con ben 2.500 mq di pannelli fotovoltaici in copertura che permettono di fornire l’energia elettrica adeguata per coprire il fabbisogno energetico per riscaldamento invernale e una buona dose del raffreddamento estivo. Svariati gli aspetti convincenti del progetto, tra tutti il determinato ma sensibile rapporto con il contesto e quel proporsi come architettura di sfondo, ovvero come un oggetto che senza rinunciare alla plasticità, riesce a dare l’impressione che gli spazi si rendono disponibili ad essere abitati e vissuti con libertà, senza precludere i comportamenti, senza imporsi nel quotidiano. […]

Articolo pubblicato su

Notizie correlate

Tutte le nostre novità

Copyright 2024 MCA.