L’architetto di oggi, un professionista capace di essere presidio del territorio

Pubblicato
20 Nov 2019

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L’Arch. Irene Giglio sarà a Brescia per il documentario «L’Altro Spazio», viaggio nelle aree interne d’Italia

Di Bianca Martinelli

L’architetto di oggi? Dev’essere consapevole di rivestire una funzione sociale che, unitamente alla perizia tecnica, lo porti a ideare edifici e infrastrutture che tengano conto della vocazione dei luoghi e dell’identità di chi li abita. Un professionista-presidio del territorio, in grado di suggerire soluzioni ad alcune problematiche – dei luoghi e del paesaggio – che sono l’altra faccia della modernità urbano-centrica. Ne è convinta l’arch. Irene Giglio, coordinatrice del Padiglione Italia alla Biennale d’Architettura 2018, che mercoledì […] 20 novembre, sarà in città per parlare di questi temi in occasione della proiezione de «L’Altro Spazio. Viaggio nelle Aree Interne dell’Italia». Scritto dall’architetto e designer Mario Cucinella e realizzato con la regia di Marcello Pastonesi e Carlo Furgeri Gilbert proprio per la Biennale 2018, il docu-film sarà proiettato al Nuovo Eden nell’ambito della rassegna «Architettura & Cinema» promossa dall’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Brescia (via Nino Bixio, inizio alle 20.45, durata 60′, ingresso 5 euro).

Arch. Giglio: su cosa verterà il suo intervento e da dove viene l’esigenza di fare delle aree geografiche interne al Paese il perno di uno studio documentario? La conferenza anticiperà i temi affrontati nel documentario e illustrerà il background per cui è stato pensato quest’ultimo, quello della mostra «Arcipelago Italia» all’interno del Padiglione Italia della Biennale 2018. L’obiettivo era effettuare un focus sulle aree geografiche interne del Belpaese – per definizione luoghi lontani dai servizi principali e quindi oggetto di un progressivo spopolamento e abbandono in favore di una migrazione soprattutto giovanile. E stato fatto attraverso un racconto cinematografico in due step: il primo mostra lo stato dei luoghi, il secondo illustra le possibili soluzioni a determinate questioni che riguardano il patrimonio artistico, culturale e delle tradizioni, ma anche paesaggistico, naturalistico e delle imprese.

Di quali aree stiamo parlando e quali sono le soluzioni immaginate? Sono state considerate cinque aree: Gibellina nuova, in Sicilia, a 50 anni dal terremoto del Belice; la piana di Ottana in Sardegna, area industrializzata negli anni Settanta e poi abbandonata, dove abbiamo proposto un progetto sul tema della salute olistica e legato al vicinato; la valle del Basento nei pressi di Matera, dove abbiamo lavorato sul tema dei collegamenti (in vista della nomina a Capitale europea della cultura), creando delle hub polifunzionali all’interno di vecchie stazioni abbandonate. A Camerino, anch’essa vittima del sisma che ha sfregiato la città antica spingendo la popolazione a valle, ci siamo concentrati sul patrimonio culturale; mentre per l’appennino tosco-emiliano, sito di rilevanza naturalistica, è stata ideata una segheria 2.0 in grado di produrre legname, seguendo il naturale ciclo di rigenerazione dei boschi. In tutti i casi si parla di edifici ibridi, ovvero in grado di raggruppare più servizi per il cittadino.

È possibile, pertanto, parlare di una funzione sociale dell’architettura? Assolutamente sì. Basti pensare che, per capire come orientare i cinque progetti di riqualificazione, è stato avviato un dialogo con la popolazione. Nel documentario di Mario Cucinella compaiono un pastore dell’Alta Murgia, gli abitanti di Gibellina nuova, un frate camaldolese… Chi resta, perché resta? Chi parte, perché parte? Di quali incentivi c’è bisogno per invertire il trend migratorio? Accanto a queste domande c’è un auspicio politico: le autorità dei territori dovrebbero segnalare le criticità e considerare modelli per contrastare il processo. Occorre presidiare, ottimizzare i collegamenti, creare poli di aggregazione culturale e di servizi.

Ci sono dati ufficiali in questo senso? I numeri parlano chiaro: le aree interne italiane soggette a spopolamento e abbandono sono il 60%, oggi solo il 25% della popolazione vi abita. Per ora.

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