C’è un bosco nell’ospedale

Pubblicato
12 Nov 2020

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Quattro progetti dello studio Cucinella rilanciano l’idea dell’umanizzazione dei luoghi di cura dove la tecnologia e l’assistenza sanitaria sfruttano i benefici della bellezza naturale del territorio.

di Elena Papa

Nel 1673 a Londra nasceva il Chelsea Physic Garden dalla Worshipful Society of Apothecaries. Un centro di cura circondato da un parco con piante medicali. Questo modo di rapportarsi con la natura e di vedere i giardini come spazi rigenerativi era già presente nell’antica Grecia, ma è come se negli ultimi cinquant’anni vivendo in ambienti sempre più intensamente urbanizzati, ce ne fossimo allontanati.

L’Eredità

E stato Umberto Veronesi, ai tempi in cui rivestiva la carica di ministro della Salute, a lanciare il tema dell’umanizzazione dei centri di cura e a delineare, insieme all’architetto Renzo Piano, il profilo dell’ospedale del futuro. Per umanizzazione s’intende quel processo in cui il paziente, come persona, e non solo come soggetto malato, è al centro della cura e, considerando le sue esigenze materiali, psicologiche e spirituali, conserva la dignità, l’affettività, la socialità e se ne salvaguarda oltre che il benessere fisico anche quelIo psicologico. Due sono quindi gli ambiti con i quali l’ospedale del futuro si deve interfacciare e ai quali la sua progettazione non può sottrarsi: la sfera sociale e la sfera ambientale. Concetti che ruotano attorno al tema della sostenibilità intesa come sostenibilità sociale, per quanto riguarda la centralità del malato, e sostenibilità ambientale finalizzata a un uso razionale delle risorse.

Lo spazio architettonico può favorire oppure ostacolare il processo di umanizzazione. Lo sa bene l’architetto Mario Cucinella, esperto in questo campo che, nsieme al team del suo studio Mario Cucinella Architects, sta portando a termine il Nuovo Polo Chirurgico dell’Ospedale San Raffaele di Milano, la Città della Salute e della Ricerca di Sesto San Giovanni, oltre a un nuovo Ospedale del Sud Salento e un Policlinico Universitario ad Algeri.

«L’umanizzazione non è legata alla sola logica funzionale, è determinante anche ai fini della cura. Per questo lo spazio non può essere un involucro neutro, ma deve possedere qualità architettoniche e ambientali, definite da tutti gli elementi del progetto (dalla forma dello spazio agli arredi, ai colori, ai materiali, alle viste e all’illuminazione), che rispondono alle esigenze di benessere del malato. E di tutto il mondo che ci gira intorno, dal personale medico e ospedaliero ai familiari», spiega Cucinella.

Il contatto con la natura può aiutare il malato, lo sostiene anche la pratica giapponese shinrin-yoku, letteralmente «bagno nella foresta». Su questo principio nasce la Città della Salute e della Ricerca di Sesto San Giovanni, qui il dialogo tra uomo e natura trova un nuovo equilibrio all’interno del grande parco. «In questo impianto, oltre alle degenze e alla piastra tecnologica, ci sono due centri di ricerca e uno spazio perla didattica. Ci lavorano più di cinquemila persone — racconta Cucinella—. Gli spazi sono stati progettati come luoghi di soggiorno di relazioni umane utilizzando elementi che comunicano sicurezza, orientamento, armonia. Abbiamo previsto una serie di giardini attorno ai blocchi di degenza a cui abbiamo dato un tema, il verde è inteso come metafora della guarigione».

Luogo di cura e di incontro, la Città della Salute inizia da una grande piazza coperta da cui parte una strada commerciale che dà accesso a una serie di servizi, dal fast food al giornalaio. «Insieme ai giardini, la strada è la forza dell’ospedale di Sesto», puntualizza il progettista. Anche nel nuovo ospedale del Sud Salento è stata data grande attenzione al rapporto con la natura. La forma organica della struttura segue la morfologia del terreno: un limbo molto sottile di terra costretto tra due infrastrutture, la strada e la ferrovia. Suddiviso in tre volumi, l’edificio è protetto da grandi colline alberate che, oltre ad attutire il rumore, garantiscono un benessere psicofisico che passa attraverso gli affacci sul paesaggio e i particolari costruttivi: dal giardino alla disposizione delle vetrate, alla scelta della giusta illuminazione. Tutto è minuziosamente pensato per semplificare la degenza e offrire la massima piacevolezza. «Nel progetta re un ospedale cerchiamo di creare degli spazi più domestici, dove i pazienti ricoverati possano accogliere familiari un po’ ome nel salotto di casa. Per portare una vita affettiva e normale all’interno di un luogo dove le persone sono psicologicamente più fragili e vulnerabili».

Infatti, tra tutti gl.i spazi a servizio dell’ospedale, quelli che più di altri, oltre a comunicare e rappresentare il loro contenuto sanitario, forniscono anche stimoli che soddisfano le esigenze di umanizzazione, ono gli spazi di relazione, perché è lì che il malato può conservare-affermare l’identità del proprio esistere individuale e sociale. La ricerca di qualità e bellezza spaziale come punti cruciali di un’umanizzazione dei luoghi di cura è stata sviluppata anche nel nuovo Polo Chirurgico e delle Urgenze del San Raffaele di Milano.

Anti inquinamento

Un’architettura innovativa che dialoga con elementi naturali quali la luce e la vegetazione. Un edificio bianco, altamente tecnologico e flessibile, in vetro serigrafato scandito da lamelle ceramiche fotocatalitiche che assorbono gli inquinanti atmosferici e articolato da due elementi principali: la piastra e la torre. La prima, fulcro della vita ospedaliera, è dedicata alle attività diagnostico-terapeutiche con venti nuove sale operatorie, di cui due robotizzate, oltre al reparto di terapia intensiva e il pronto soccorso. «Che è la grande innovazione del nuovo Polo — precisa l’architetto con una punta di orgoglio —. Una superficie di 8.000 metri quadrati dove sono concentrate tutte le specialità. Così che, quando si entra al pronto soccorso, anche in condizioni gravi, si segue un percorso molto veloce con una cura immediata».

Ancora verde e luce nel progetto del nuovo Policlinico Universitario di Algeri. Qui lo studio ha favorito il rapporto diretto tra paziente e natura facilitando le occasioni di socializzazione attorno a una grande corte giardino articolata su diversi livelli, Come prevede la tradizione degli spazi di cura nella cultura islamica, L’architettura ospedaliera deve, dunque, iventare interprete di quel grande processo di innovazione degli spazi e di interrelazione tra le parti in grado di apportare beneficio, diventando un luogo riconoscibile e rassicurante in cui il paziente possa sentirsi a casa.

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