Cinema sociale nelle periferie

Pubblicato
07 May 2020

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L’idea – L’architetto bolognese propone proiezioni diffuse al posto di Piazza Maggiore. Cucinella: «Sotto il palco si possono disegnare aree distanziate per i posti»

di Fernando Pellerano

Ripensare la città in termini di sostenibilità, con coraggio e responsabilità. Cambiare abitudini e modelli è sempre difficile, le resistenze e la riproposizione del passato tale e quale sono sempre forti, ma il Covid-19 oggi costringe tutti a farlo. Non deve quindi spaventare l’idea di poter ricreare il fascino di Piazza Maggiore e del suo grande schermo in altra forma, sintetizzabile nel semplice slogan «distanti, ma uniti».

È uno dei progetti a cui sta lavorando la Sos – School of Sustainability di Mario Cucinella, composta da giovani neolaureati. Servono progetti, servono visioni d’ingegneria sociale. Partendo da un monitoraggio dei piccoli grandi spazi della Bolognina, da recuperare, rigenerare e rifunzionalizzare (anche temporaneamente in questo periodo di emergenza), lo studio si è allargato alle altre periferie e così ha preso corpo l’idea di una parcellizzazione della piazza in tante altre piccole agorà diffuse nei quartieri: spazi aperti nel cuore dei quartieri, che in queste settimane sono diventati magicamente punti di riferimento dei residenti, dove allestire uno schermo e ridisegnare a terra sul piazzale, prato, piazzetta le aree dove, a distanza di sicurezza, i cittadini possono mettere la propria sedia e assistere alla proiezione. Ma per «sentirsi» uniti, idealmente insieme sul Crescentone, arriva in soccorso la tecnologia grazie alla quale tutti gli schermi periferici proietteranno in contemporanea le pellicole del palinsesto curato dalla Cineteca con tanto di presentazioni del direttore Gianluca Farinelli e dei suoi ospiti. La città sotto casa, la periferia che torna centro, la strada e le piazze che diventano davvero pubbliche. Come nel Dopoguerra, con i cinema improvvisati in strada con le lenzuola.

Oggi in aiuto c’è il digitale. «Ci stiamo lavorando», spiega Cucinella. «Abbiamo l’opportunità di innescare meccanismi di cambiamento, possiamo fare molte ipotesi e poi confrontarci per renderle concrete. Immaginare una forma di futuro, sperimentarla e poi magari per la fase successiva ne teniamo il 10%. Abbiamo la tecnologia a supporto – dice l’architetto – perché una volta che le fai e funzionano, non torni indietro. Migliorare la qualità della vita sociale è quello di cui abbiamo bisogno. Ora è il momento di prendersi cura delle persone e non delle auto».

Le periferie bolognesi sono ricche di spazi dove i cittadini possono ritrovarsi e incontrarsi. Ma occorre rigenerare e magari pedonalizzare. In Bolognina dal Dopolavoro Ferroviario alla Trilogia, dai palazzi non finiti di via Serra al Parco della Zucca col Museo di Ustica e tanti altri. E così in San Donato, Savena, Reno e tutti gli altri. Pronti a ricevere nuove funzioni. «Piccoli palcoscenici con lo schermo, ma anche per spettacoli live sostenibili: danza, medley musicali, recite, letture. Dobbiamo dare una chance anche ai lavoratori dello spettacolo con le risorse non utilizzabili per gli spettacoli dell’estate 2020 pensata prima del Covid-19». Artisti e spettacoli, ma col pubblico. E questo il punto: l’assembramento.

Come ovviare alla preoccupazione degli amministratori? «Responsabilità delle persone, distanze giuste, controllo (ci saranno sempre più “facilitatori” in città). Fra due mesi saremo ancora più consapevoli e bravi. Spero che la paura per l’assembramento non sia la scusa per non fare niente. Andare in strada nel momento in cui abbiamo bisogno di distanza è perfetto», afferma Cucinella.

Ci stiamo abituando alle segnalazioni a terra, una nuova alfabetizzazione. «Un’altra opportunità, creativa. Chiamiamo writer e street artist, facciamo lavorare anche loro, coinvolgiamo le scuole d’arte». Una cosa tira l’altra. Architettura e arte come business sociale. Serve coraggio, non spregiudicatezza: «Ho trovato la trasformazione del Mambo con le residenze d’artisti molto interessante. Sta diventando quello che tutti speravamo, luogo vivo anche di produzione. Possiamo allora pensare anche di portare le opere fuori dai luoghi sacri e fare mostre temporanee in spazi pubblici». Questo è il tempo, questo è il momento. «Bologna, con le sue potenziali radiali ciclopedonabili centro-campagna, con i suoi canali magari ora davvero da scoperchiare, può davvero essere “laboratorio” d’innovazione urbana sostenibile».

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