Cucinella: progettando scuole belle e sostenibili avremo studenti migliori

Pubblicato
30 Sept 2021

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di Mario Cucinella

Andare a scuola significa affidarsi agli altri, non più solo ai genitori, ma a maestre e maestri, ai professori, ai compagni con cui si iniziano a scoprire le prime relazioni sociali, l’apprendimento attraverso esperienze scientifiche, artistiche e ambientali. Questo avviene all’interno di uno spazio non più domestico, bensì pubblico e sappiamo bene quanto lo spazio per i più piccoli possa diventare un’esperienza nuova per sviluppare immaginazione. In questo senso, l’architettura che accoglie diventa anch’essa uno strumento educativo e racconta quanto noi ci prendiamo cura dei bambini e dei ragazzi. Spazio, bellezza, natura, colore, luce naturale, materia sono solo gli ingredienti con cui avranno a che fare. La scuola è un luogo dove si delega la crescita dei giovani e, pertanto, deve essere sicura strutturalmente e confortevole ambientalmente.

Le scuole sono una rete d‘intensità intelligente diffuse su tutto il territorio e, per questo, dovrebbero diventare veri e propri hub di comunità. La comprensione dei fenomeni complessi della nostra società ha bisogno di luoghi per capire questa complessità: il rapporto tra arte e scienza, la sperimentazione scientifica e quella umanistica. Proviamo a immaginare questi spazi non più solo per ospitare un apprendimento alunno-insegnante, ma luoghi dove vivere quotidianamente l’esperienza della crescita personale e collettiva. Luoghi per costruire l’esperienza della vita. Come sarà una scuola così?

Questa è una riflessione che, negli ultimi decenni, è stata più volte affrontata a partire dall’idea di Maria Montessori, che cercava di dare una risposta educativa a un mondo che stava cambiando anche attraverso una nuova organizzazione dello spazio, alla visione di Loris Malaguzzi in quell’idea di una scuola-cantiere, laboratorio auto-costruttivo, che partiva da un necessario bisogno di dare ai più piccoli e svantaggiati una possibilità in più di affrontare i bisogni evidenti di una società post-conflitto. L’obiettivo, secondo il fondatore di Reggio Children, è creare una scuola amabile dove stiano bene bambini, famiglie e insegnanti e dove lo scopo dell’insegnamento non sia produrre apprendimento, bensì produrre condizioni di apprendimento. Nelle scuole di Reggio Children viene data una grande attenzione al senso estetico, in quanto Malaguzzi era convinto di un’estetica del conoscere: la tesi è che nell’impresa di apprendere e capire ci sia sempre, consciamente o meno, la speranza che ciò che riusciremo a realizzare ci piacerà e piacerà agli altri.

Anche introdurre nella scuola gli atelier/laboratori di manualità era un modo per avere luoghi in cui i bambini potessero conversare con la mente, come è nelle leggi biologiche ed evolutive. Sulla stessa scia l’iniziativa di Don Milani, che voleva una scuola aperta al sociale, alla solidarietà, affinché i ragazzi avessero l’opportunità di manifestare con chiarezza e immediatezza il proprio pensiero. La sua era una scuola aperta, dove il programma veniva condiviso dagli allievi e il rapporto e la relazione con l’altro erano fulcro e obiettivo dell’azione educativa. La scuola di Barbiana e il pensiero pedagogico di Don Milani sono ancora attuali. Arriviamo, così, alla più recente esperienza di Marino Golinelli che, nella complessità della società contemporanea e di una deriva tecnocratica, sposa l’idea che il binomio tra arte e scienza sia una fonte di ispirazione per comprendere la realtà complessa che viviamo e dare una possibile risposta alle sfide che abbiamo davanti. Le riflessioni si amplificano nella lettura del libro di Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, sulla perdita costante dell’educazione umanistica nel mondo a fronte di una crescita della formazione tecnologica.

Scuola di Montebelluna, progetto MC A – Mario Cucinella Architects

Ma non è proprio dal pensiero umanistico che nasce l’innovazione, anche tecnologica? Lo sviluppo delle materie artistiche come la musica, la danza e la pittura sono espressioni di libertà individuale che danno a tutti la possibilità di una propria espressività senza un fine di successo, ma la libertà di trovare in se stessi le proprie energie e le proprie vocazioni. È da lì che possiamo costruire una forma di pensiero libero, lo strumento più potente di una Democrazia, dove dare la possibilità di esprimersi diventa la costruzione di una società cosciente, una società che costruisce il proprio pensiero critico. Mettere tutti nelle condizioni di ricevere un’istruzione di qualità è una forma di cura della nostra società. Progettare e realizzare una scuola bella, accogliente, vivace significa dire alle comunità e ai ragazzi che la vivono che ci stiamo prendendo cura di loro. Eppure oggi, in Italia, la maggior parte degli edifici scolastici ha più di sessant’anni e molti sono stati costruiti prima dell’entrata in vigore delle normative energetiche o antisismiche. Seppure la pandemia abbia messo in evidenza questo problema a livello nazionale, esasperando l’inadeguatezza di moltissime strutture e accelerando la necessità di un intervento radicale, l’edilizia scolastica era già in sofferenza ben prima dell’avvento del Covid-19. Solo attraverso uno spazio ben progettato possiamo stimolare emozioni e creatività e, per questo, dobbiamo abbandonare lo schema standard della scuola rigida, che ancora ritroviamo in molte strutture, a favore di uno più flessibile capace di generare edifici scolastici belli sotto l’aspetto architettonico ed efficienti dal punto di vista energetico. Edifici che siano studiati a partire da un ripensamento delle funzioni che va di pari passo con l’evoluzione dei modelli pedagogici e di insegnamento. Quando una scuola è bella, sostenibile e ben distribuita, riesce a trasmettere ai suoi allievi valori come il rispetto per l’ambiente e il territorio.

Ecco l’introduzione al Quaderno «Architettura dell’educazione», Mario Cucinella Architects, Maggioli Editore, a cura di Elena Dorato con premessa del ministro Bianchi.

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