Portici modello di vita e urbanistica, solo qui sono un tutt’uno con la città

Pubblicato
25 Jan 2019

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Articolo di Fernando Pellerano

L’architetto Cucinella: «La forza è nella loro continuità e diversità»

Architetto Cucinella, giusto per iniziare: un primo immediato e istantaneo pensiero sui portici.
«Sono lo spazio sociale più importante dopo la piazza: una grande invenzione».

Non di uno scienziato, ma della collettività.
«Del pubblico, di chi nel medioevo governava la città. È giusto che Bologna partecipi alla gara dell’Unesco perché se i portici si trovano anche in altre città, solo qui hanno avuto un impulso e una diffusione senza pari: la dimensione assunta è straordinaria e unica».

Perché solo a Bologna così tanti?
«Semplicemente una questione di regole, regole urbanistiche. Qui vennero fissate in modo ben preciso per i portici, altrove per altro. Perché Gerusalemme è tutta bianca? Perché così stabilì un editto inglese».

Non nacquero però per far incontrare le persone.
«L’invenzione fu commerciale, sia per consentire di ospitare gli studenti ingrandendo la casa senza occupare ulteriore terreno sia per aprire le botteghe e vendere i prodotti con comodità, al riparo dalla pioggia o dal sole. Il tema delle corporazioni non è secondario. Certo che l’aspetto più eclatante rimane quello di un luogo perfetto di socialità e d’incontro a prescindere dal clima, e perfetto per quello bolognese, caldo e freddo. È l’espressione di una collettività che vuole incontrasi».

Un aspetto su cui il Comune punterà molto nel dossier che sta preparando per far diventare i Portici Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ma non è l’unico. Si parla anche di «esempio straordinario di una tipologia di edilizia, insieme architettonico e tecnologico, oppure di paesaggio».
«C’è sicuramente un aspetto tecnico, ma quello che più colpisce è la complessità visiva. Il portico è un modello, ma alla fine ognuno lo fa come vuole, sono tutti uno diverso dall’altro. Autonomo eppure in relazione. Unici nella loro eterogeneità».

Dove la dimensione non è mai secondaria.
«La loro forza sono anche gli oltre 40 km quasi ininterrotti realizzati in questi secoli. Il che dà quasi un senso di fluidità e di continuità proprio del carattere dei bolognesi. Ci sono prospettive splendide grazie a questa sequenzialità, dove peraltro c’è sempre un interessante gioco di luci e di ombre. Come ho detto prima, la cosa fondamentale è l’invenzione di questa regola urbanistica che ha dato vita alla straordinaria e unica ripetitività dei portici, qui a Bologna».

Ricchi d’ingredienti, come un piatto succulento: stabiliscono anche una particolarissima relazione di scambio fra il pubblico e il privato. Diventato esercizio «politico».
«Spazio privato (con tanto di oneri) a totale fruizione pubblica, natura interessantissima. Un ulteriore dialogo quello pubblico-privato oltre a quello di chi li frequenta e li attraversa chiacchierando, da secoli, da sempre. Fa parte del dna della città, dove c’è una complicità in senso positivo fra le due parti, in una relazione di reciproco beneficio. Un fattore che ha condizionato la vita della città e che ora è assai difficile da gestire».

Costruendo in periferia, qualcosa si è perso.
«Sì, forse non si è riusciti a interpretarli bene, sono un po’ tristi, alcuni proprio “non parlano”, “non si sentono”».

Sono molto apprezzati, ma l’architettura moderna non li utilizza. 
«Come dicevo dipende molto dalle regole urbanistiche. In ogni caso sto progettando a Milano un albergo che sarà tutto sopraelevato per realizzare a pianterreno uno spazio-porticato a uso pubblico».

Il portico che ama di più?
«Ce ne sono troppi, ne scopro sempre di nuovi, ma mi piace molto quello di via Castiglione, dove la somma dei due portici è superiore a quella della strada: come se la persona fosse più importante della via. Mi piace la sua linea sinuosa, la luce e l’ombra».

Nella lista del Comune manca il più importante portico realizzato fuori porta, dopo quello di San Luca: il seicentesco Portico degli Alemanni, 167 arcate per 650 metri, che incentivò la costruzione di case, botteghe e ville tessendo, e non ricucendo come oggi, la città con la periferia. Come se lo spiega?
«Non lo so, ma è certo che il portico si porta dietro anche questa caratteristica di crescita». […]

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