Qui si fabbrica il futuro (verde)

Pubblicato
04 Jul 2020

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Nello studio di Mario Cucinella: progetti sostenibili, inclusione e ora anche un libro

Di Silvia Nani

Inimmaginabile pensare che sarebbe stata una pandemia a obbligarci a riflettere su un cambio di prospettiva per il futuro delle città, in quanto luogo capace di contribuire concretamente al nostro benessere. In realtà l’architetto Mario Cucinella, con il suo studio Mario Cucinella Architects a Bologna, al rione Bolognina, da sempre ha reso questo pensiero il cuore del suo concetto di progettazione. E solo una coincidenza ha voluto che il volume Building Green Futures (uno sguardo ragionato sui suoi lavori passati e futuri) uscisse ora, in concomitanza di un momento storico così particolare. «C’è spesso un’area vulnerabile negli studi di architettura: lasciare che l’urbanistica e I’essenza stessa degli edifici siano sopraffatti dall’estetica. Sono convinto che la ricerca abbia un ruolo fondamentale come attivatore di un cambio culturale necessario nella progettazione, anche a beneficio delle generazioni future», esordisce Mario Cucinella.

Testimonianza dell’attenzione dell’architetto per questo tema è il dialogo con Stefano Mancuso, scienziato e docente all’università di Firenze, già in atto da tempo e che si esplicita in una sezione dedicata del volume. «Mancuso lavora da sempre sul concetto di intelligenza delle piante. Dalle quali si può imparare molto: la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, i loro modelli organizzativi nello stare assieme che spesso le rende inattaccabili, la capacità di utilizzare le risorse disponibili. Metodi che si possono traslare anche agli edifici. L’architettura è una disciplina umanistica e come tale richiede di unire le competenze per gestire la sua complessità».

Pensieri, questi, che viaggiano su un doppio binario, diventando linfa dei suoi progetti e base perla «Scuola di sostenibilità», nata in parallelo all’attività di progettazione. Tutto è arrivato per gradi e in relazione agli spazi dello studio, che oggi si estendono tra una ex fabbrica e un’area adiacente, in abbandono, trasformata in sede della scuola. Racconta Cucinella: «Arrivati da Parigi a Bologna nel 1999, da 15 persone in breve tempo siamo triplicati. Il primo studio è stato in un’ex autoconcessionaria nei pressi della stazione ferroviaria, ma poi, con l’avvio dell’alta velocità, insorti problemi strutturali, l’edificio fu dichiarato inagibile. Dopo aver peregrinato in vari spazi, siamo arrivati qui». Un unico grande loft oggi ospita gli oltre 80 collaboratori che compongono Io studio (ora in rotazione e smart working). «La curiosità è che la componente femminile è preponderante», ma CucinelIa specifica: «Niente quote rosa, premia la bravura». Unici elementi divisori, le grandi piante d’appartamento disposte qua e Ià: «Aver condiviso tutto è stato un elemento di crescita. Una ripartizione di competenze c’è, ma essere assieme e tutti a conoscenza di ti quello ma di autodidattica che succede, interna».

Persino il suo studio personale al piano di sopra, ci conferma, è molto poco abitato perché lui stesso preferisce scendere a lavorare coni collaboratori: «Io metto Ia mia impronta, ma il lavoro nasce dalla consuetudine con le persone: non ho il mito dell’architetto artista solitario». La condivisione di conoscenze è stata la stessa la molla che ha fatto nascere la stessa «School of sustainability», un master annuale post laurea sulla progettazione sostenibile: «Quest’anno erano iscritti 14 studenti, per metà stranieri. Molti poi rimangono a lavorare da noi ma la scuola rappresenta anche un importante bacino per la ricerca, parallelo a quello del nostro dipartimento».

L’edificio separato ospita anche delle aree attrezzate per le riunioni: «Ogni 15 giorni c’è un incontro di aggiornamento a cui partecipa tutto lo studio e una volta al mese uno più strategico, sugli obiettivi. Stiamo crescendo molto e sapere dove stiamo andando è fondamentale». Numerosi i progetti aperti, molti a Milano («Da pochi mesi abbiamo inaugurato una piccola sede dedicata per seguirli da vicino»). Quali gli obiettivi di sviluppo? «Non di crescere a oltranza: preferisco che lo studio non diventi un’azienda. Vorrei puntare ancora di più sulla cultura della sostenibilità. Perché in un futuro possa affermarsi anche senza di me».

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