Puntare su una trasformazione che abbia un interesse pubblico

Pubblicato
02 Nov 2015

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Di Mariagrazia Barletta

Sulle ipotesi di creare sul sito dell’Expo un campus universitario ed un polo tecnologico, l’architetto Mario Cucinella ha un’opinione decisa e riguardo alle due funzioni afferma: «Mi sembra siano altamente insufficienti. Non credo che quell’area possa specializzarsi in un’area tematica perché per quanto grande sia, l’Università Statale potrà occupare un decimo dello spazio. Quell’area, più che un quartiere è quasi una piccola città». E poi «nella nostra cultura, l’università è sempre stata legata alle città, non è mai stata vista come un ghetto fuori da essa».

Mancanza di idee, di riflessioni, sono le criticità maggiori che l’architetto rileva. «Penso che non ci sia un’idea sul tema del dopo Expo», afferma. «Dall’altra parte – continua – non bisogna ragionare pensando che ci possa essere qualcuno con un’idea così geniale, che funziona. Queste trasformazioni hanno bisogno di un gruppo di persone, di un comitato di persone competenti, che mettano in moto un meccanismo di dialogo, alla ricerca della complessità che quell’area merita». «Quell’area ha una connessione che è nazionale, c’è l’alta velocità. C’è la rete, c’è la banda larga. Ma non ci fai una città solo con la banda larga, solo con la connessione, allora forse la riflessione da fare insieme a persone che lavorano in questi ambiti, che siano dei creativi, dei tecnici, dei visionari, riguarda la creazione di una nuova idea di città». «Quindi prima di dare delle risposte bisogna aver fatto delle domande molto intelligenti su che potenziale quell’area ha, dal punto di vista economico, ecologico, dei trasporti. Chiedersi di cosa ha bisogno questa Italia, non Milano, ma questo Paese. Forse quel tavolo di uomini competenti e visionari potrebbe servire a questo.

La verità è che le idee in questo Paese, stanno diventando una risorsa scarsa. Si parla tanto di creatività e poi sull’Expo sono quattro anni che non hanno idea». «Non possiamo decidere di Expo in base a ciò che vogliono fare gli imprenditori, quello è un bene pubblico, ci dobbiamo fare innanzitutto qualcosa che abbia un interesse pubblico, però ribaltare la domanda agli altri, mi è sembrato un modo di rinunciare a fare quello che bisogna fare. Il pubblico ha rinunciato ad essere un attore principale delle trasformazioni»

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